I vini prodotti in azienda sono tre: due rossi e un bianco. Tutti sono vinificati in assenza di lieviti e di solfiti aggiunti, per il semplice motivo che essendo sia i lieviti che l’anidride solforosa sostanze presenti naturalmente nelle uve e nel vino non c’è motivo per aggiungerne. L’aggiunta di lieviti ha come effetto principale una alterazione e una standardizzazione del gusto naturale del vino, mentre il metabisolfito (anidride solforosa) protegge certamente il vino da rischi di ossidazione, ma sull’altro piatto della bilancia aggredisce le mucose gastriche del consumatore e causa di conseguenza il noto cerchio alla testa. Il vino naturale produce piccole quantità di solforosa, che unite alla necessaria precauzione nel conservare il vino (temperatura adeguata e assenza di luce, oltre a totale isolamento dall’aria) garantiscono conservazione ottimale della qualità e delle caratteristiche organo lettiche del prodotto. Ulteriore del mio stile di vinificazione è l’assenza di filtrazione, essendo anch’essa un trattamento non naturale che impoverisce il prodotto finale. La bassa temperatura invernale fa decadere naturalmente le particelle in sospensione, e un ripetuto e accurato travaso garantisce un vino limpido ma completo di ogni sua sostanza gusto e profumo. Lo stile di vinificazione è orientato alla produzione di vini apprezzabili sin da giovani, ma che non deludano (bensì sorprendano!) dopo un medio invecchiamento in bottiglia. Ma il pensiero dominante nella produzione di questi vini è la frase di Goethe: “La vita è troppo corta per bere vino cattivo!”
L’albana l’ho chiamato Ambrato, per il tono di colore che le bucce giallo-scuro della tipica Albana di Romagna donano al vino. Dopo una rapida fermentazione sulle bucce (24-48 ore) passo alla fermentazione lenta svolta in acciaio, per poi affinare il vino con un passaggio di circa sei mesi in botte di rovere. La maturazione in bottiglia termina il processo di questo “bianco” che presenta al naso un fruttato intenso e al palato un sentore di vaniglia e di frutta secca. Pur essendo un vino secco (che si accompagna idealmente a piatti leggeri a base di pesce, a formaggi, e a primi piatti estivi), ricorda comunque il gusto abboccato e rotondo della tipica Albana di Romagna, tradizionalmente vino da dessert.
Il San Giovese (allusione a un immaginario Santo, protettore degli appassionati di questo mitico vino!) è in purezza (100% uve sangiovese), fermentazione sulle bucce di circa 15 giorni, seconda fermentazione e sedimentazione in acciaio, ulteriore affinamento di 12 mesi in botte, invecchiamento in bottiglia per almeno 12 mesi prima del consumo. Vino di gran carattere, austero e vagamente scorbutico (come sono i romagnoli autentici), ma saputo apprezzare e rispettare offre grande soddisfazione e rivela personalità complessità e ricchezza non comuni. Bevuto giovane denota pre-potenza aggressività e freschezza adeguate all’età, nel tempo giustamente acquista spessore e fascino, che solo la maturità e il tempo garantiscono. Note di bacca di ginepro e di mandorla caratterizzano questo rosso ruspante.
Il Rosso Rio Chiè vuole semplicemente richiamarsi al territorio (perché dobbiamo usare il francese “terroir”? Abbiamo sufficiente personalità per staccarci da mode e termini d’oltralpe!) e visto che viene prodotto sui pendii del Rio Chiè, e che vuole ricordare e rappresentare la terra in cui viene creato, il nome è giustificato e doveroso. A differenza del San Giovese, il Rosso Rio Chiè è un uvaggio (fermentazione di diverse uve) di sangiovese (85%) merlot (5%) e ciliegiolo (10%). Le uve merlot e ciliegiolo aggiungono morbidezza e rotondità al sangiovese rendendo il vino più garbato. La vinificazione è simile a quella del San Giovese, ma basta aggiungere piccole quantità di uve diverse che il vino magicamente acquista dimensione e personalità differenti. Rimanda a certi cugini piemontesi, e ai migliori Chianti. Sentori di rosa e di cioccolato caratterizzano questo vino generoso.